Una notizia di questi giorni rimbalza qua e là nella rete. Il preside di una scuola superiore friulana avrebbe emanato una circolare in cui fa divieto ad insegnanti ed alunni di stringere amicizia su Facebook.
Le motivazioni sono quantomeno ovvie da immaginare e legate ad un modo “tradizionale” di pensare la scuola. L’universo dell’information technology ha aperto delle prospettive epiche dal punto di vista dell’insegnamento, ridimensionando di fatto il concetto della lezione frontale seguita dal tipico studio pomeridiano sui libri. Dal punto di vista sociologico, l’essere umano si trova a suo agio nel pair group (il gruppo dei pari), e avere un rapporto più aperto con i propri docenti, aiuta gli adolescenti a superare il gap generazionale con gli insegnanti.
I risultati di questa innovazione social apporta un notevole contributo sotto l’aspetto dell’integrazione dei giovani nel proprio ambiente scolastico, che l’impostazione tradizionale ha ridotto ad una “prigione” (come viene spesso definita dagli studenti) o ad un “obbligo” imprescindibile “imposto” dai genitori e dalla società identificata sempre di più come funzionalista e al tempo stesso oligarchica e plutocratica.
Bisognerebbe quindi impedire il rapporto social tra medico e paziente perché deontologicamente osceno, il rapporto social tra magistrato e avvocato perché non si deve fare confusione in merito alla diversità dei ruoli, il genitore e il figlio perché ci sono distanze che vanno rispettate, e l’elenco sarebbe abbastanza lungo da risultare quantomeno grottesco.
Semmai, la cosa deontologicamente oscena è approfittare della propria posizione gerarchica, professionale o sociale per imporre un punto di vista senza una ragione plausibile. Il web è un mezzo che permette ogni tipo di interazione. Se ci sono utenti che lo utilizzano in modo poco consono, truffaldino, o, per usare ancora le parole del preside, deontologicamente osceno, non credo che la soluzione sia chiudere internet.
Piuttosto, semmai, si rafforza per i docenti l’esigenza di educare i discenti all’utilizzo del mezzo, fin dai primi anni di scuola, tramite personale qualificato che non sia rimasto alle concezioni del secondo dopoguerra.
O del primo, visti i nuovi interventi in tema pensionistico.