Pare non ci sia pace per i migliaia di studenti universitari italiani fuori corso: sono stati infelicemente apostrofati come “sfigati” dal Ministro del lavoro Michel Martone, e prima ancora come “bamboccioni” da Brunetta. E ora, oltre agli insulti, arriva la beffa di pagare un aumento di tasse fino al doppio, a discrezione degli Atenei. È questo il provvedimento della spending review approvato dal Senato.

L’intenzione è delle più lodevoli: incentivare gli studenti a concludere velocemente il percorso universitario per accedere prima al mondo del lavoro. Sì, ok, in teoria il ragionamento non fa una piega, in pratica però si sottovalutano alcuni punti:

  • Se uno studente universitario è fuori corso, ci sarà una ragione: disorganizzazione degli atenei, problemi personali, necessità di lavorare mentre si studia;
  • L’aumento delle tasse universitarie per i fuori corso, è un modo per arricchire gli atenei e il mondo della cultura oppressa dai tagli ai fondi?
  • E infine, ci avete pensato che invece di incoraggiare lo studio, si rischia così di perdere ancora iscrizioni, e di conseguenza di avere un Paese sempre più povero culturalmente e ricco, magari, di delinquenti perché pur volendo studiare, ormai l’Università sta diventando roba da soli ricchi?

Le perplessità riguardo all’aumento delle tasse universitarie per i fuori corso sono tante, e agitano gli studenti che minacciano manifestazioni di denuncia. Speriamo vivamente che tutti i dubbi prima espressi siano stati vagliati prima dell’approvazione, perché una nazione che scoraggia la cultura e gli investimenti sulla ricerca, anche per chi ha incontrato difficoltà nel corso di studi, è una nazione destinata a stare sempre indietro. Non tutti possono avere la fortuna, o a questo punto, il privilegio di avere un percorso universitario senza intoppi, liscio come l’olio. Voi cosa ne pensate?