Ormai è consuetudine che il Partito Democratico svolga da qualche tempo le sue riunioni a porte chiuse. Una volta i giornalisti assediavano la sede del Pci in Via delle Botteghe Oscure, per conoscere le decisioni sugli equilibri e le politiche del partito.
Erano altri tempi, quando la tecnologia nel campo della comunicazione non era ancora arrivata ai livelli attuali, in cui chiunque, tramite uno smartphone o un tablet, può condividere i contenuti su internet. Ed è così che una riunione a porte chiuse per la stampa, diventa una riunione a porte aperte per il resto del mondo. Strano ma vero. E’ quello che è successo in questi giorni nella sede di Largo del Nazareno a Roma, sede nazionale del Pd. Durante la riunione, molti dei componenti del partito hanno utilizzato Twitter, postando gli aggiornamenti sulla seduta in tempo reale. Questo crea un notevole spunto di riflessione su come dovrebbe essere fatta la politica nei nostri tempi.
Per un partito di ispirazione progressista, quella del social sharing è una mossa pubblicitaria sicuramente più azzeccata di certe campagne virali di stampo fantozziano. Certo è vero anche che è sottile la linea tra l’innovazione e l’incoerenza, perché svolgere a porte chiuse una riunione, postandone poi il contenuto quasi integralmente su un social network, ha un che di rabbrividente (e scusate la locuzione, desueta ma calzante).
Che la condivisione in real time e il social sharing riescano a permeare il duro carapace di quella politica vecchio stile alla quale siamo abituati? Questo forse è ancora da vedere. Ma una cosa è certa: se è vero che la sovranità appartiene al popolo, sarebbe ora che i palazzi del potere e chi li occupa non siano più sepolcri imbiancati, ma diventino finalmente cristallini e garantiscano la partecipazione attiva dei cittadini. A proposito di “dire qualcosa di sinistra“…