Avete mai sentito parlare del Signor Gutenberg?
Già, i più lo ricordando, adolescenziale memoria scolastica, per la grande invenzione della stampa a caratteri mobili, ma c’è un altro Gutenberg, che a quanto pare si lega al primo per il suo amore per la comunicazione e per la ricerca sul linguaggio ottimale.
Il Gutenberg di cui scrivo oggi ha creato un diagramma che è diventato un fondamento della comunicazione moderna e che fa oggi parte dei 100 principi della comunicazione. Nello specifico il diagramma ripercorre le priorità visive di un osservatore davanti ad un testo per lo più scritto, o davanti ad una immagine complessa.
A quanto pare infatti le aree del cervello possono essere condizionate e guidate alla comprensione di un testo in base al suo layout (la sua posizione all’interno dell’aera in cui è racchiuso). Il condizionamento può avvenire grazie all’utilizzo, in maniera gerarchica, di grandezze diverse dei caratteri oppure di sfumature di colore o ancora per contrasto.
Per un condizionamento ottimale è fondamentale però partire dal percorso standard di acquisizione del cervello, in assenza di elementi particolari.
Il percorso del cervello umano in questa condizione infatti parte dall’area in alto a sinistra, passando per le informazioni poste al centro e selezionandole in base alla grandezza o alla spaziatura dei caratteri, e si conclude nell’aera in basso a destra.
Questo diagramma permette, con i dovuti calcoli e studi, di progettare aree di lettura atte a velocizzare l’acquisizione di informazioni, oppure, ed è quello che ci intriga maggiormente, a collocare le informazioni di importanza rilevante in posizione privilegiata rispetto ad altre.
Questo schema è valido per un cervello privo di forzature esperienziali, non rientrano quindi quelli delle culture che ne hanno modificato le abitudini, (i Paesi in cui si legge da destra a sinistra per esempio, o dal basso all’alto).
Altro discorso, simile ma non trascurabile, è il pattern delle pagine pubblicitarie in cui all’immagine viene data priorità rispetto al testo, che ha come unica funzione quella di rendere intellegibile l’immagine stessa e completare le informazioni che essa da già sola rilascia.
Il percorso del cervello in questo caso è a spirale: parte da un punto centrale, di poco spostato verso destra (dove di solito troviamo il fulcro della pubblicità), si sposta verso sinistra in alto (dove di solito troviamo, oltre al nome del prodotto, anche immagini aggiuntive ed esplicative) per poi completare il giro verso il basso e toccare il bordo finale destro (ove viene posizionato il logo/marchio del prodotto, il claim e spesso, l’immagine riproposta in dimensioni ridotte.
Dunque, la manipolazione e l’incanalazione dei messaggi non si limita oggi alla scelta delle parole più adatte, dei colori più sensorialmente stimolanti, del carattere più visivamente interessante. Ma diventa sempre più sublime, più sottile, prevedendo schemi e strutture che vanno oltre il riconoscimento superficiale.
E’ un affascinante (qualcuno urla pericoloso) mix di linguaggio, psicologia e multisensorialità, una serie infinita di studi ed esperimenti da parte di guru del marketing e della comunicazione di cui noi siamo cavie inconsapevoli e divertite.